Venerdì 13 maggio u.s., a Roma, nel Corso di Alta Formazione in Esperto della Compliance, organizzato dal Dipartimento di Scienze Giudiridiche della European School of Economics, diretto dal professor Giuseppe Cassano, si è tenuta la lezione del prof. Ranieri Razzante, Consigliere per la Cybersecurity del Sottosegretario alla Difesa e Docente di “Intermediazione finanziaria e Legislazione antiriciclaggio” nell’Università di Bologna. Abbiamo rivolto al docente alcune domande che, corredate della relativa risposta, condividiamo.

  1. Lei è sostenitore da tempo che l’utilizzo del contante non sia un catalizzatore dell’economia criminale e del riciclaggio, ci vuole spiegare perché?

Le statistiche ufficiali più recenti ci riportano ad una realtà che non disegno certamente io, e cioè che in cima alla lista delle operazioni sospette di riciclaggio segnalate all’Unità di informazione finanziaria (Uif) troviamo i bonifici e le carte di credito. Ciò non equivale a dire che il contante non venga utilizzato per la micro evasione fiscale e per il micro riciclaggio. Più che altro ritroviamo l’utilizzo di questo nei delitti presupposto del riciclaggio, come per esempio i piccoli traffici di droga, ma certamente non possiamo pensare che la grande criminalità organizzata utilizzi ancora uno strumento così obsoleto e facilmente riconoscibile. All’evidenza una valigetta di contante è più ingombrante di una carta di credito o di una transazione online rispetto alla sua rintracciabilità.

  1. Tra le forme avanzate di riciclaggio si fa spesso riferimento a quello con le cosiddette criptovalute, lei cosa ne pensa?

Parliamo di nuovi strumenti finanziari dei quali ancora dobbiamo stabilire la natura giuridica, che in astratto non sono il male assoluto ma in concreto, stante la loro anonimia, si prestano maggiormente rispetto ad altri ad essere utilizzati per riciclare ricchezze di provenienza illecita. Anche se i numeri dicono, a fronte delle transazioni mondiali quotidiane, che la percentuale che parrebbe essere riconducibile a crimini e a reati sia non così sostanziosa, dobbiamo certamente intervenire con un quadro organico di regolamentazione, perché è giusto che se uno strumento nuovo viene immesso nel circuito dei pagamenti (o finanziario lato sensu) se ne conosca l’origine e si possa tracciare la destinazione.

Oggi siamo di fronte a due grandi problemi speculari: la regolamentazione delle criptovalute e l’attribuzione degli attacchi informatici. Come è noto, è partito l’iter di iscrizione presso l’OAM (Organismo Agenti e Mediatori) degli operatori in criptovalute. In Italia abbiamo una regolazione antiriciclaggio per le piattaforme di exchanger in criptovalute ma, paradossalmente, non abbiamo una legge dello Stato che regola questo settore. Attualmente molti paesi si stanno muovendo, con gli Stati Uniti in testa, verso una regolamentazione per questo fenomeno, che ormai ha raggiunto dei volumi di scambio che non possono essere ignorati dai regolatori.

  1. Cosa ne pensa dell’attacco hacker filorusso ai siti delle istituzioni del nostro Paese?

Come ho già detto, siamo in guerra, una guerra molto difficile da fronteggiare. Parliamo di insidie potenziali per tutto il sistema Italia, oltre che per l’Europa e per il mondo intero. Quando si arriva a colpire i siti delle Istituzioni si è raggiunto il livello massimo della minaccia, soprattutto dal punto di vista geopolitico e geo terroristico. Ribadisco, abbiamo bisogno di un coordinamento a livello europeo e Nato, non solo in termini operativi ma normativi. Se è vero che conosciamo gli autori degli attacchi, dobbiamo essere in grado di punirli come dovuto per qualsiasi crimine.