Venerdì 4 maggio u.s., a Roma, nel Corso di Alta Formazione in Esperto della Compliance, organizzato dal Dipartimento di Scienze Giudiridiche della European School of Economics, diretto dal professor Giuseppe Cassano, si è tenuta la lezione di Massimiliano Oggiano, avvocato penalista, esperto in materia di tutela penale della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro e socio della LDP Compliance s.r.l. Abbiamo rivolto al docente alcune domande che, corredate della relativa risposta, volentieri condividiamo in questa sede.

  1. Quali sono le aree di contatto e di eventuale compenetrazione tra la Compliance aziendale e la disciplina normativa dettata a tutela della salute e della sicurezza del lavoro?

La domanda ci introduce in un tema molto attuale e delicato. Ormai lo sviluppo tecnologico, il decentramento dei sistemi produttivi, la fortissima competitività e la rapida evoluzione della ricerca scientifica mettono in rilievo un variegato e mutevole catalogo di rischi per la salute e per l’incolumità della collettività in generale. Il termine sicurezza, invero, viene sempre più frequentemente anteposto ai più svariati ambiti della vita sociale (sicurezza stradale, sicurezza alimentare, sicurezza informatica, sicurezza in ambito sanitario). Il settore del lavoro non è al riparo da questo vorticoso fenomeno. Anzi, può, a buon diritto, ritenersi una delle principali aree dove l’anticipazione della tutela (anche penale) svolge un ruolo di centrale importanza. E’ in quest’ottica che il panorama normativo (soprattutto quello di matrice penalistica), nel corso del tempo, ha offerto un importante mutamento di prospettiva. Da un approccio tradizionale che mirava a sanzionare le sole ipotesi di effettiva e concreta lesione del bene giuridico (salute e incolumità individuale) si è invero giunti, nell’attualità, ad un sistema tutto incentrato sulla prevenzione degli eventi lesivi della salute e dell’incolumità del lavoratore. Un sistema di cautele, dunque, estremamente articolato ed in continua crescita ed evoluzione. Gli esiti di tale politica legislativa, per vero, non hanno ancora dato i frutti sperati, posto che, nel solo primo trimestre del 2022 sono stati oltre 180 gli infortuni letali sul lavoro (trattasi di una media di circa 3 infortuni al giorno).

  1. Questo dato corrisponde ad analogo numero di procedimenti penali? Quali sono i sistemi che l’ordinamento offre per prevenire questo genere di contestazioni in sede penale e per gestirne l’eventuale insorgenza.

Ebbene sì, la responsabilità penale del datore di lavoro è uno dei settori nei quali, al giorno d’oggi le Procure della Repubblica investono molte risorse. Si tratta, ovviamente, di attività di indagine conseguenti al verificarsi di eventi drammatici che non dovrebbero accadere e che, nella pressochè totalità dei casi, accadono contro il volere del datore di lavoro. La natura colposa accomuna tutti i reati commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza del lavoro. Un massimo scrupolo nella valutazione dei rischi e nella correlativa gestione sono dunque vitali nell’ambito aziendale. Di centrale importanza rivestono, per tali ragioni, da un lato, la corretta individuazione preventiva dei soggetti che, in quanto titolari della posizione di garanzia nei confronti del lavoratore, sono potenzialmente chiamati a rispondere di contestazioni penali (siano esse relative a reati di mera condotta ovvero a ben più gravi reati di evento), dall’altra, la puntuale analisi e la scrupolosa gestione preventiva del rischio infortuni in ambito aziendale.

  1. Quali sono i criteri e le cautele organizzative che, in sede di gestione aziendale, possono costituire un valido presidio a salvaguardia dal rischio di contestazioni penali a carico del datore di lavoro?

Il quadro normativo non è affatto semplice e si complica ulteriormente se si considera che il legislatore, abdicando la sua funzione regolatrice della materia (consistente nella costante e repentina individuazione di cautele sempre nuove e sempre aggiornate in base agli sviluppi scientifici e tecnologici), al giorno d’oggi affida l’improbo compito al medesimo garante che poi chiama a rispondere degli eventi delittuosi. E’ la valutazione dei rischi imposta al datore di lavoro dagli artt. 17 e 28 del D.Lgs. 81/08 che costituisce, al giorno d’oggi, il principale presidio per la tutela dei lavoratori. Non a caso il primo documento che, in fase di indagine conseguente al verificarsi di un infortunio sul lavoro, viene richiesto dagli organi investigativi è proprio quello elaborato e custodito dal datore di lavoro ai sensi delle citate norme. Ed è a quel documento che spesso si ricorre per individuare i titolari delle posizioni di garanzia che. a vario titolo, possono essere coinvolte in qualità di imputati per il predetto infortunio. In questo ambito dunque, la compliance aziendale diventa il fulcro della tutela preventiva che il datore di lavoro deve elaborare per evitare di rimanere coinvolto in vicende estremamente delicate che, a prescindere dall’esito finale, comportano gravosi costi, non solo economici, per l’azienda. In altri termini, solo con un corretto sistema di deleghe di gestione e con un puntuale e scrupoloso risk assessment e conseguente risk management in tema di salute e sicurezza sul lavoro, un’impresa sana e virtuosa può prevenire ed evitare il pericolo insito nel dovere di garanzia incombente sul datore di lavoro e sulle altre figure di garanti previste dal D.Lgs. 81/08.

  1. Lei cita spesso l’organizzazione aziendale. Può riferirci quali sono i criteri di imputazione della responsabilità penale nell’ambito imprenditoriale, con particolare riferimento al settore della salute e della sicurezza del lavoro.

Credo siano proprio i predetti criteri a rappresentare il tema più delicato per un’azienda. La regola è rappresentata dall’attribuzione di responsabilità penale direttamente al datore di lavoro, indentificabile nel soggetto titolare del rapporto di lavoro ovvero nel soggetto che ha la responsabilità dell’organizzazione nel cui ambito si svolge l’attività del lavoratore. Questo criterio spesso comporta una sorta di ingiustificata ed inaccettabile responsabilità da posizione ovviabile solo ed esclusivamente mediante un efficace sistema di deleghe di funzioni che sposti, almeno in parte, su altri soggetti la predetta posizione di garanzia e crei un virtuoso sistema di ripartizione dell’obbligo di garanzia tra più individui, delineando il cosiddetto sistema puntiforme della potenziale responsabilità penale. E’ naturale che l’istituto della delega di funzioni debba essere noto al datore di lavoro e gli strumenti per trasferire la posizione di garanzia debbano essere correttamente impiegati dal principale titolare della posizione di garanzia. Le aziende sono chiamate, in tal ottica, ad un costante ed attento impegno.