Venerdì 4 novembre, a Roma, nel Corso di Alta Formazione in Esperto della Compliance Ambientale, organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics, diretto dal professor Giuseppe Cassano, si è tenuta la lezione del prof. ANDREA CARINCI, Professore ordinario di diritto tributario nell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna dal titolo

<LE QUESTIONI FISCALI E TRIBUTARIE. LA REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA NEGLI APPALTI (CAUSE DI ESCLUSIONE) E GLI ACCERTAMENTI>.

 

Abbiamo rivolto al professore alcune domande

1) Quanto è importante incentivare il dialogo fra l’Amministrazione finanziaria e Contribuente, in ottica soprattutto preventiva?

Il dialogo  tra il cittadino ed Amministrazione finanzia costituisce oggi un passaggio assolutamente imprescindibile, per i vantaggi che è in grado di portare ad entrambi i soggetti. Per il cittadino/contribuente, si tratta di vantaggi che si esprimono in termini di certezza del rapporto, prevedibilità delle soluzioni e predeterminazione dei costi. Fattori, tutti questi ineliminabili per la pianificazione dell’attività, soprattutto per le realtà più strutturate. Per l’Agenzia, al contempo, il dialogo consente di standardizzare il monitoraggio per taluni soggetti, tipicamente quelli di più complessa elaborazione, avere una ideale costanza nel gettito e, non da ultimo, poter concentrare risorse e sforzi nei confronti delle situazioni di maggiore insidiosità e patologia.

2)Quali vantaggi offre l’interpello sui nuovi investimenti?

L’interpello sui nuovi investimenti è stato introdotto dall’articolo 2 del D. Lgs. n. 147/2015 (c.d. “decreto internazionalizzazione”). Si tratta di un’istanza che può essere rivolta all’Agenzia delle Entrate da parte degli investitori, italiani o stranieri, che intendono effettuare nel territorio dello Stato investimenti importanti (valore non inferiore a trenta milioni di euro). Proprio in ragione delle rilevanti e (auspicate) durature ricadute occupazionali, è stato previsto questo peculiare strumento di interlocuzione Fisco/contribuente, che consente di ottenere risposte, oltre che su quesiti riconducibili ad una o più delle tipologie di interpello contemplate dallo Statuto dei diritti del contribuente (interpretativo, qualificatorio, probatorio e anti-abuso), anche per individuare con certezza il trattamento tributario complessivo che può tornare applicabile al peculiare e specifico business plan descritto nell’istanza. La risposta (da fornire entro 120 giorni) vincola l’Agenzia delle Entrate con riguardo al piano di investimento descritto nell’istanza e resta valida fino a che rimangono invariate le circostanze di fatto e di diritto in base a cui è stata resa. Per gli operatori costituisce un validissimo strumento di pianificazione, assolutamente indispensabile a fronte di investimenti così importanti e significativi.

3) In che modo i reati tributari hanno impattato sui modelli 231 adottati dalle imprese?

L’estensione della responsabilità 231 ai reati tributari ha posto, per la prima volta in modo generalizzato, il problema della gestione del cd. rischio fiscale. L’art. 39, c. 2, d.l. 124/2019 (l. conv. 157/2019) ha introdotto nel d.lgs. 231/2001 l’art. 25-quinquiesdecies, estendendo la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per taluni reati tributari. L’intervento è stato imposto dalla Direttiva (UE) 2017/1371 (cd. Direttiva PIF), che tutela gli interessi dell’Unione contro i reati più gravi in tema Iva (art. 3, par. 2 della Direttiva PIF). L’obiettivo perseguito è stato quello di predisporre una reazione sanzionatoria più mirata e capace di colpire finanziariamente la politica d’impresa volta ad ottenere un illecito risparmio fiscale. I reati coperti sono quasi tutti quelli previsti dalla L. n. 74/2000, anche se per alcuni di questi (dichiarazione infedele, omessa dichiarazione ed indebita compensazione) solo e ed in quanto detti reati sono «nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri». Il problema che si pone è che, per effetto dell’ampliamento della 231/2001, si assiste ad una moltiplicazione delle reazioni sanzionatorie, in evidente criticità con il principio del Ne bis in idem; ciò, tanto più che le sanzioni ex d.lgs. n. 231/2001 non tengono conto in alcun modo della sanzione amministrativa irrogata dall’Amministrazione finanziaria. L’introduzione dei reati tributari nell’ambito di operatività della 231 impone l’adozione/l’aggiornamento di un adeguato modello organizzativo di gestione e controllo del rischio fiscale, in grado di consentire un’analisi critica delle procedure aziendali e delle aree di rischio fiscale (dirette e indirette), ai fini di un’efficace mappatura delle attività passibili di rilevanza per i reati tributari presupposto della responsabilità.